Pecorino delle Balze Volterrane, storia e curiosità di un grande formaggio DOP
In una cornice storica importante come quella della città di Volterra, nasce un formaggio di grande spessore, il “Pecorino delle Balze Volterrane”. Il pecorino delle Balze Volterrane è un formaggio storico della zona, infatti fin dal 1200 d.C. si leggono testimonianze del transito del bestiame nel territorio dell’Alta Val di Cecina, che dalle montagne pistoiesi attraversavano queste terre per arrivare fino in maremma. Il “Cacio Volterrano”, così veniva definito in alcuni scritti di grandi personaggi illustri come Pantaleone da Confienza nel “Trattato dei latticini”, fino ad arrivare a Mario Guarnacci, noto archeologo e letterato molto apprezzato e stimato. Infatti in alcune interessanti missive tra il Guarnacci ed il suo maestro, il Salvini, si cita il cacio con questi versi: “La ringrazio infinitamente de’ caci Volterrani mandatimi il cui latte è espresso da mammelle piene di quel sugo, che danno codesti verdi pascoli e ameni”.
Grazie alla costanza e tenacia del Sig. Giovanni Cannas, uno dei maggiori produttori del formaggio e Direttore del Consorzio di Tutela, abbiamo l’occasione di scoprire questo prodotto dalle qualità eccelse. Infatti grazie ad accurate ricerche nei libri storici, Giovanni ha riscoperto l’antica ricetta di questo formaggio, ha iniziato a produrlo e, a lungo, si è occupato dell’ottenimento della Dop.
Note sulla flora e vegetazione dei pascoli delle Balze Volterrane
Le aspre e severe forme dei calanchi e delle balze volterrane determinano una forte selezione sulla vegetazione che si presenta particolarmente varia in funzione della ubicazione, della micromorfologia e della genesi dei suoli. Non abbiamo un pascolo ma tanti pascoli mosaicati con una forte differenziazione a livello ecologico e quindi specifico. I suoli argillosi e limosi sono in prevalenza. La morfologia tormentata, la mobilità e la scarsa permeabilità del substrato, lo scarso contenuto di materia organica, la sua ricchezza in Sali ed i lunghi periodi di aridità selezionano una rada vegetazione erbacea che tollera la salinità ed ha messo a punto specifici meccanismi di adattamento. La vegetazione sui pascoli argillosi cambia repentinamente: la sommità dei calanchi e i crinali che suddividono le vallecole sono occupati da praterie di graminacee che in gran parte frequentano i prati aridi circostanti, mentre nelle aree con argilla affiorante domina la prateria a sulla. Alla base del calanco, dove si accumulano le colate di argilla, vegetano piante che sopportano il ristagno d’acqua come ad esempio il farfaro. Diffuse anche le specie aromatiche come il timo. Mosaicate ai pascoli erbacei, si trovano aree arbustive occupate da arbusti pionieri che vanno a colonizzare spazi in passato disboscati o zone in cui la vegetazione arbustiva rappresenta il climax per le condizioni edafico-ambientali. In queste formazioni sono diffuse piante, alcune anche oggetto di brucatura: ginestra odorosa, rose selvatico, prugnoli, perastri, sanguinello, biancospino fino ad arrivare a zone boschive con significativa presenza di frassino meridionale ed olmo.
Il “Pecorino delle Balze Volterrane” è l’unico formaggio italiano prodotto esclusivamente con caglio vegetale di cardo selvatico e latte ovino crudo intero proveniente da allevamenti ubicati in un piccolo francobollo di territorio dei comuni di Volterra, Pomarance, Montecatini Val di Cecina, Castelnuovo Val di Cecina, Monteverdi (tutti ubicati in provincia di Pisa), che sta per ottenere la DOP.
Il caglio vegetale di cardo selvatico viene estratto manualmente adottando una procedura antica e lunga. Dal fiore del cardo vengono tolti i pistilli che poi vengono seccati e successivamente fatti macerare in acqua fredda per un periodo di circa due mesi. Il liquido ottenuto viene filtrato dopo di che vengono fatte le analisi per vedere la quantità di enzima. Il caglio vegetale ha meno potenza rispetto a quello animale ed è per questo motivo che il latte ha bisogno di più tempo per coagulare.
A seconda della stagionatura, abbiamo quattro diverse tipologie:
- fresco;
- semistagionato;
- stagionato;
- da asserbo;
Peso
Può variare, da 600 g fino ai 7 kg per la tipologia <<da asserbo>>.
Crosta
Può variare dal giallo paglierino al giallo carico. Dopo il trattamento con olio d’oliva e cenere si presenta di colore grigio.
Pasta
Struttura compatta e minima friabilità, con eventuale leggera occhiatura irregolarmente distribuita. Al taglio il colore si presenta variabile dal bianco per il tipo “fresco” al paglierino più o meno intenso nel tipo “semistagionato”, “stagionato” e “da asserbo”.
Profumo
Persistente, ricorda il latte ed il cardo selvatico con sentori di erbe aromatiche e fiori.
Sapore
Al primo assaggio dolce, sapido, finale leggermente piccante, caratteristica che si intensifica con l’aumentare del periodo di stagionatura. Si denota una leggera allappatura nei tipi “stagionato” e “da asserbo”.
Aroma
Sentori di latte, floreale e note di cardo.
Retrogusto
Lungo e persistente con richiami vegetali freschi.
Il Pecorino delle Balze Volterrane DOP è un grande formaggio; dalla mia esperienza di assaggiatrice, posso affermare che si tratta di un prodotto elegante e complesso. Essendo così ricco, si presta ad abbinamenti interessanti, non solo con i vini ma anche all’elaborazione di piatti con il pesce che risultano intriganti! Ad esempio: Paccheri ripieni di patata e “Pecorino delle Balze Volterrane” su vellutata di Gallinella. O ancora l’abbinamento con i funghi: Terrina di fonduta “Pecorino delle Balze Volterrane” con funghi porcini trifolati su pane toscano croccante, o molto più semplicemente mangiato in purezza con una bella fetta di pane toscano accompagnato da un buon bicchiere di San Giovese davanti al caminetto acceso in buona compagnia.
Dove nasce il “Pecorino delle Balze Volterrane”
E’ una terra piena di contrasti quella di Volterra, nei secoli la terra friabile ed argillosa ha lasciato ferite profonde chiamate Balze che regalano al territorio colori che vanno dal giallo ocra al grigio della pietra più dura (il panchino) con cui si è edificata l’antica città. Su questa terra l’uomo ha costruito la sua storia, una grande storia, addirittura antecedente agli Etruschi e ai Romani. I primi insediamenti risalgono al 3000 a.C.. Poi nel VII secolo nasce Velathri, una delle dodici città più importanti della lega etrusca e con una cinta muraria di sette chilometri, in parte ancora visibile. Basta guardare con attenzione la “Porta dell’Arco” per capire la potenza di Volterra etrusca. Straordinario il Museo Guarnacci, una tra i più importanti musei etruschi del mondo, donato dal Letterato e Archeologo Mario Guarnacci alla sua città. Nel 260 a.C. la città si sottomise ai Romani e ne è la testimonianza più importante il teatro nell’area di Vallebona, portato alla luce negli anni ’50 e fatto risalire al I sec. d.C.. Nella seconda metà del XII sec. Volterra si costituisce libero Comune, a testimonianza delle continue lotte tra potere comunale e potere dei vescovi. Nasce Piazza dei Priori, tra le più belle d’Italia, con il suo imponente Palazzo dei Priori che attualmente è il più antico palazzo comunale della Toscana e sede del Municipio. Il Duomo di Volterra di pianta ottagonale della prima metà del ‘200, racchiude in sé la fonte battesimale di Andrea Sansovino, risalente al 1500. Ritorniamo alla data cruciale del 1472 con il “sacco fiorentino” in cui Volterra fu sconfitta da Firenze che riuscì ad imporre il suo dominio. Nei tre anni successivi Lorenzo il Magnifico fece ingrandire la fortezza del 1300 per avere un maggior controllo sulla città e sul territorio senese. Dal 1500 Volterra vive un periodo di grande espansione a livello artistico per l’abbellimento di chiese, musei e case. Vero gioiello all’occhiello la Pinacoteca di Palazzo Minucci Solaini, attribuito al Sangallo. Altrettanto straordinaria la raccolta pittorica con opere di Luca Signorelli, il Ghirlandaio e Giovan Battista di Jacopo detto il Rosso Fiorentino. Tra il ‘700 e l’800 la città si arricchisce con l’alabastro e la sua lavorazione. Città ricca di cultura anche contemporanea, amata dai più grandi scrittori della nostra epoca, come Gabriele D’Annunzio, che la definì così:”Dall’alto del suo colle, l’aria l’avvolge sempre e fa “di lei” una città di vento…”. A Volterra dedicò anche un sonetto de “Le città del silenzio” e vi ambientò il romanzo “Forse che sì forse che no”.
12 Giugno 2018
Elisa Lunardi
Ruminantia